Storia e politica: chiacchierando con Aldo Alessandro Mola


di Alessandro Claudio Giordano

Dove sta andando la politica italiana ? e l’Italia? Costretta ad un confronto politico serrato, il Belpaese cerca ancora una identità di Stato guardando all’Europa, crisi dei partiti e di partecipazione, molti sono gli interrogativi che alimento l’analisi. Ne ho parlato con il professor Aldo Alessandro Mola storico e scrittore cuneese con lui ho cercato di fare un quadro generale della situazione, tracciando un ipotetico percorso storico e politico.

D. - Crisi dei partiti e la realizzazione parziale del sistema maggioritario, dove và la politica italiana della Seconda Repubblica?

R.- La cosiddetta “seconda Repubblica” è una invenzione dei “media”. La Costituzione vigente è quella del 1° gennaio 1948. Quella è la cornice. Nel quadro (più fiammingo che italiano) si sono susseguiti molti “soggetti” ma poco è mutato. Dal settembre 1943 l'Italia non è uno Stato indipendente e sovrano. Andrà dove porta il vento del sistema nel quale è inglobata.

D. - L’esecutivo della Meloni è il primo espresso dalla volontà degli elettori dopo anni di governi imposti da accordi trasversali tra forze politiche. Oggi la sinistra è all’opposizione e quotidianamente rimprovera al governo di mancare di un programma politico e rispondere invece ad una deriva populista. Un dubbio è per certi versi condivo da chi le elezioni le ha vinte e da una minoranza della sinistra per la quale quando Ely Schlein avrà finito gli argomenti a scelta dovrà, suo malgrado, proporre un progetto alternativo….

R. - Il partito di Giorgia Meloni alle elezioni del 25 settembre 2022 ottenne il 16% dei consensi degli elettori, che sono altra cosa dai votanti e dai voti validi. Quindi rappresenta una quota esigua dei cittadini, né, meno ancora, gli italiani o quella che chiama “la Nazione”. Dopo lunga macerazione venne incaricata di formare il governo. Però non è lo Stato. La Signorina Schlein è una sciagura che il Partito “democratico” non si meritava. Infatti il Congresso elesse Bonaccini. La Signorina venne “eletta” alle “primarie”: un rito estraneo alla storia dei partiti seri. Ma interpreta bene l'inconsistenza della “politica” odierna: a 360 gradi come suole dire qualcun’ altra.

D. - Nel nostro paese in anni di repubblica è mancata un’alternativa laica. Questo perchè storicamente è stata un’esperienza isolata che non appartiene alla tradizione culturale e politica del nostro paese?

R. - Lo Stato d'Italia è stato fondato da una esigua minoranza di liberali rispettosi di tutte le religioni come scritto nello Statuto del Regno di Sardegna promulgato da Carlo Alberto di Savoia-Carignano il 4 marzo 1848 poi divenuto Statuto del regno. Però per raggiungere l'unità bisognò azzerare lo Stato Pontificio. Pio IX rispose scomunicando Vittorio Emanuele II, il suo governo e tutta la dirigenza. L'Italia non nacque anticlericale, né anticristiana. Proclamò l'uguaglianza dei cittadini dinnanzi alle leggi, come poi fece la Costituzione della Repubblica. In questo dopoguerra i partiti di maggiore consistenza (democrazia cristiana e partito comunista) hanno assecondato gli “umori” della maggior parte degli italiani, “osservanti”, “credenti”, “superstiziosi” come erano da secoli. I cosiddetti “laici”, cioè non corrivi a compromessi di coscienza, erano, sono e rimarranno pattuglia esigua. Come disse Benedetto Croce vi sono italiani per i quali Parigi non vale una messa. Ma quanti erano? Quanti sono? Quattro gatti, più o meno come i monaci del Medioevo.

D. - Giolitti è indubbiamente lo statista più importante della storia italiana. Cinque volte Presidente del Consiglio è colui che ha affrontato le principali sfide del nostro Paese badando principalmente a due fondamentali aspetti della vita degli italiani: l’istruzione e la pace sociale. La figura di Giolitti, potrebbe aiutare l’attuale classe politica e dirigente?

R. - Potrebbe, ma viene ignorato. Giolitti non scrisse alcun “trattato” politico. Fu pragmatico. Giustamente disse che per adattare il vestito a una persona che ha la gobba il sarto deve tagliarlo tenendo conto di quel “difetto”, non sulle proprie idee. Aggiungo che Giolitti fu anzitutto monarchico e, in linea con Cavour, Azeglio, Lanza, Sella, fu liberale. Uomo delle riforme vere. Però mancò due volte all'appuntamento con la Storia: nel maggio 1915, quando non impedì l'intervento dell'Italia nella Grande Guerra, e a fine ottobre 1922, quando rimase spettattore dinnanzi alla crisi del governo Facta e all'avvento del governo Mussolini: nel quale venne rappresentato da Teofilo Rossi di Montelera e a favore del quale votò. Studiarlo significa capire che la storia procede a segmenti discontinui e che non vi è alcun uomo o donna della Provvidenza. L'unico a prendere sulle spalle il “brut fardèl” delle tante crisi di governo dell'epoca fu Vittorio Emanuele III.

D. - L’Europa che Schumann, Adenauer e De Gasperi avevano immaginato, è così lontana da quella di oggi?

R. - E' cosa del tutto diversa. Dalle macerie della Guerra dei Trent'anni (1914-1945) generata dalla miopia di re, governi, parlamenti e cittadini alcuni sognarono un'Europa nuova, pulita, unita. Invece i singoli Stati continuarono a coltivare stolidamente i loro imperi coloniali (per sua fortuna l'Italia ne venne privata dal trattato di pace del 1947) e le loro insuperate inimicizie. Il suo “allargamento” ha richiesto decenni e si è risolto nella sua irrilevanza: non ha né politica estera né difesa comune. E' un'insegna su una palafitta.

D. - Quale potrebbe essere il ruolo dell’Europa nel contesto politico internazionale di oggi?

R. - Data la popolazione (he comunque è appena un terzo dei cinesi e degli indiani), per la capacità economica e la cultura potrebbe essere protagonista ma al momento è irrilevante e tale è destinata a rimanere per insipienza ed egoismi dei suoi “rappresentanti”. Che io sappia l'unico Stato dell'Unione Europea dotato di bombe nucleari è la Francia. Ma l'Unione Europea stenta a mettere insieme qualche migliaio di militari... Senza politica estera e forze armate in comune non ha alcuna prospettiva.

D. – Il sistema politico anglosassone deriva molte delle sue caratteristiche da una contiguità con la tradizione massonica da cui ha indubbiamente tratto dei benefici. In Italia invece, c’è una pericolosa convinzione che fa derivare molte delle difficoltà affrontate dal nostro paese in tema di sicurezza e continuità politica ad una sorta di dipendenza dalla massoneria. Davvero “i figli della vedova” hanno danneggiato così tanto la storia repubblicana?

R. - Il mito del complotto massonico risale al Settecento. Venne ripetuto nell'Ottocento e tuttora dilaga. Tanti sprovveduti identifica la massoneria (che è universale) con l' “affare P2”,: una vicenda tuttora oscura perché così fece e fa comodo a certi “democratici”. Ai quali va ricordato che i mangia-massoni furono Mussolini, Hitler, Stalin, Khomeini... Chi nel Cuneese voglia vedere i volti di massoni può salire lo scalone del Municipio di Cuneo. Lì vede il busto di Luigi Paola, protomedico, venerabile della loggia “Roma”, sindaco, deputato... O andare ad Alba per vedere il bronzo di Michele Coppino, iniziato alla loggia “Ausonia” di Torino nel 1860. E' il ministro che volle in Italia l'istruzione elementare obbligatoria e gratuita. Un Grande. O andare a Genola per rendere omaggio a Luigi Pagliani, il massone che promosse la prima legge sanitaria d'Italia. Chissà se i benemeriti convegni medici lo ricordano.

Nato a Cuneo nel 1943, Aldo Alessandro Mola è stato preside in alcuni licei dal 1977 al 1998. Nel 1980 riceve la medaglia d’oro di benemerito della scuola, della cultura e dell’arte. Docente di storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano, è, dal 1986 direttore del Centro per la storia della Massoneria, e, dal 1992, contitolare della cattedra “Pierre-Théodore Verhaegen” dell’Université libre de Bruxelles.
È direttore del Centro Europeo Giovanni Giolitti, presidente del comitato cuneese dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, dell’Associazione di studi sul saluzzese e del Centro studi e ricerche “Urbano Rattazzi” di Alessandria. Interessante anche il suo ultimo saggio, Mussolini a pieni voti? Da Facta al Duce. Inediti sulla crisi del 1922, da cui si scopre che la «marcia su Roma» dei fascisti in realtà non sarebbe mai avvenuta.
Editorialista del quotidiano Il Giornale del Piemonte e coordinatore editoriale de Il Parlamento italiano 1861-1992, Mola ha organizzato numerosi convegni di studi, specialmente per il Ministero della Difesa (Garibaldi, generale della libertà nel 1982, e la serie Forze Armate e Guerra di Liberazione). Direttore di collane di storia per vari editori, è, dal 1967, autore di saggi. Nel 2004 riceve il Premio alla Cultura dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.