New York Times fa causa a OpenAI e Microsoft

di Piero Giuseppe Goletto

La battaglia legale sull’utilizzo di opere pubblicate per addestrare le IA si arricchisce di un nuovo, importante, capitolo.

New York Times fa causa a OpenAI e Microsoft sostenendo che milioni di articoli di tale quotidiano sono stati utilizzati per addestrare chatbot (come ChatGPT o Copilot) che ora sono in concorrenza con il quotidiano come fonte di informazione. New York Times accusa OpenAI e Microsoft di essere in grado di riassumere fedelmente e imitare gli articoli pubblicati dall’editore Usa facendo perdere «abbonamenti, licenze, pubblicità ed entrate». Inoltre, l’editore denuncia che i grandi modelli linguistici minacciano il giornalismo di qualità.

Il fascicolo della causa documenta contenuti sostanzialmente copiati dal giornale e riproposti da ChatGPT e casi in cui quei contenuti contengono «allucinazioni», cioè informazioni del tutto inventate dall’AI. New York Times, BBC, CNN, Reuters hanno tra l’altro bloccato il web crawler di OpenAI. E’ da registrare la posizione radicalmente opposta di Axel Springer che aveva trovato un accordo con OpenAI affinché ChatGPT fornisca riassunti di articoli pubblicati dai marchi di Axel Springer, tra cui Politico, Business Insider e i quotidiani Bild e Welt. Per capire perché questa causa è così importante occorre comprendere benne cos’è un grande modello linguistico. In sintesi: si tratta di un sistema di elaborazione del linguaggio naturale. Si forniscono in ingresso centinaia di miliardi di parole e frasi. Il computer individua ricorrenze, correlazioni e schemi ricorrenti. Applica un “trasformatore”, cioè un meccanismo che pesa la rilevanza dei dati in ingresso ed è pertanto in grado di prevedere la parola successiva. In realtà la questione non è soltanto di diritti d’autore quanto di supremazia tecnologica. Se New York Times dovesse vincere la causa, potrebbe essere imposta la distruzione di ogni modello di chatbot così allenato e di tutti i dati protetti da copyright da esso utilizzati.  La controversia iniziata dal New York Times coinvolge anche la tutela del diritto all’informazione e quindi il preservare un’industria editoriale giornalistica indipendente e attendibile e la tutela reputazionale, tutti elementi di non poco conto.