Seppelite il mio cuore a Wounded Knee

di Alessandro Claudio Giordano

"Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose. Quando guardo indietro, adesso, da questo alto monte della mia vecchiaia, ancora vedo le donne e i bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo quel burrone a zig-zag, chiaramente come li vidi coi miei occhi da giovane. E posso vedere che con loro morì un’altra cosa, lassù, sulla neve insanguinata, e rimase sepolta sotto la tormenta. Lassù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno… il cerchio della nazione è rotto e i suoi frammenti sono sparsi. Il cerchio non ha più centro, e l’albero sacro è morto" (Alce Nero)

Il primo febbraio 1876 gli Stati Uniti dichiararono guerra ai Sioux che non volevano abbandonare i territori dov'era stato scoperto l'oro. E fu l'inizio del massacro culminato a Wounded Knee….

Il trentennio tra il 1860 e 1890   è quello della «soluzione finale» del problema indiano, con la distruzione della cultura e della civiltà dei pellerossa. In questo periodo nascono tutti i grandi miti del West, un'epopea, nostro malgrado, ad esclusivo beneficio degli uomini bianchi. Si accavallano i  racconti dei commercianti di pellicce, dei missionari, dei cercatori d'oro, delle Giacche Blu, degli avventurieri, dei costruttori di ferrovie e di città che raccontano la versione che più ci siamo abituati ad ascoltare della storia degli Stati Uniti, ben lontana da quella indiana sulla conquista del West. I pellerossa rappresentano ancora oggi l'antistoria di quel periodo. Potremmo addirittura dire  uno ostacolo al trionfo della nuova civiltà. I più non sapevano scrivere. Nonostante questo la tradizione vocale li ha aiutati facendo pervenire sino a noi l’altra versione, certamente più coerente con i tempi, i modi ed i risultati che ha sortito la “passeggiata” dei cow boys nel west, Oltre a questo dai verbali degli incontri ufficiali è possibile desumere molte testimonianze e nelle rarissime interviste raccolte da giornalisti dell’epoca e successive interessanti ricostruzioni di celebri e sanguinosi avvenimenti; e da sperdute pubblicazioni dell'epoca l'opinione dei pellerossa è potuta giungere fino a noi. L’autore, Dee Brown ha raccolto queste fonti, le ha sottoposte a un esame critico, ha steso la narrazione.

Per la prima volta, attraverso il suo lavoro di storico, a parlare sono i pellerossa, dai grandi capi agli oscuri guerrieri, che narrano come venne distrutto un popolo e il mondo in cui viveva. La filosofia degli Indiani d’America si fondava su un ordine di armonia universale: la terra non è di nessuno, possiamo condividerla se ci permettete di avere il necessario per vivere; gli animali non vanno uccisi inutilmente, ma solo per scopi di alimentazione o vestiario; la fratellanza universale, contraddetta solo da pochissime eccezioni nei confronti di tribù estremamente aggressive per tradizione. Quello di Wounded Knee è stato uno dei più cruenti massacri commessi contro i Nativi Americani. In questo caso specifico contro la tribù dei Lakota Sioux. Il libro porta dietro una triste appendice. Già perché nel 1973 (la prima edizione risale al 1970) durante le commemorazioni, alcune proteste vennero sedate con la forza e distrutta gran parte dell’area che ricordava il sito originale (la stazione commerciale, il museo allestito dai Nativi in ricordo del massacro e alcune delle case ricostruite). I processi seguiti all’assedio di Wounded Knee, incluso quello intentato contro Means, hanno visto prosciolti tutti gli accusati. Tuttavia, le milizie native filogovernative, restaurate nel loro potere, regolano i loro conti nelle riserve: gli attacchi dei paramilitari al servizio di Wilson divengono quotidiani, in tre anni 64 membri dell’AIM vengono assassinati, 300 sequestrati e sottoposti a torture, 562 arrestati, e l’eccidio proseguirà tra gli anni ‘70 e ‘80. A tutt’oggi la riserva di Pine Ridge è il distretto più povero degli Stati Uniti d’America, con un tasso di disoccupazione attorno al 80%. La situazione abitativa è misera, malattie e un alto tasso di suicidi soprattutto fra i giovani segnano la vita della comunità. L’aspettativa di vita media è di 49 anni e circa il 40% delle case non dispone né di acqua potabile né di elettricità”.