PEZZOTTO E PIRATERIA INFORMATICA: ECCO I NUMERI

di Alessandro Claudio Giordano

La tutela dei diritti d’autore è un tema importante entrato a fare parte più o meno incidentalmente della nostra quotidianità dal momento che incrocia oggi la scrittura, la musica, la fruizione di programmi televisivi codificati a cui si approda anche attraverso l’utilizzo di internet.

Sulla base di un sentito comune, Skuola.net nell’ambito di un progetto di “No Fake, Be Real”, sostenuto dall’Ufficio UE per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) ha elaborato una ricerca il cui obiettivo era l’analisi dei prodotti e dei servizi che aggirano le leggi sulla tutela del diritto d’autore e quale presa abbiano sulle nuove generazioni. Questo viaggio nella quotidianità adolescenziale e post adolescenziale ci conferma che seppur cambino le dinamiche, si registrano molte irregolarità. La ricerca si è sviluppata su una base campione di 2.500 giovani di età compresa tra gli 11 ed i 25 anni. Ben 2 su 3 guardano film, serie tv o sport tramite siti “pirata”; 1 su 2 condivide fuori dal nucleo famigliare le password dei servizi di streaming; 3 su 10 usano applicazioni e programmi “craccati” per evitare di pagare abbonamenti. Anche l’acquisto di prodotti falsi è molto diffuso: 4 su 10 comprano accessori tecnologici “cloni” degli originali, 1 su 3 acquista vestiario di marca contraffatto. Quasi la metà (46%) ammette di non avere informazioni sufficienti in materia. Ma la stessa quota (46%) vorrebbe saperne ancora di più. Diremmo “giovani “pirati” crescono: purtroppo le violazioni della proprietà intellettuale restano una consuetudine diffusa anche tra le nuove generazioni. Tre i settori più colpiti: l’abbigliamento, il tech e l’intrattenimento online. Circa 1 ragazzo su 3 (33%) ammette, infatti, di aver comprato almeno una volta un vestito, un paio di scarpe o un accessorio di marca falso. Oltre 4 su 10 (42%) hanno fatto lo stesso con i prodotti tecnologici “cloni” degli originali. E la situazione online precipita. Ad esempio, a ben 2 giovani su 3 (66%) è capitato di guardare film, serie tv o eventi sportivi usando siti pirata. E anche quando si paga, non sempre si rispettano le condizioni d’utilizzo: 1 su 2 (50%) è solito usare password condivise con persone al di fuori del nucleo familiare per accedere ai servizi di streaming, come Netflix o Spotify. Non mancano poi quelli che a pagare non ci pensano proprio: 3 su 10 (30%) utilizzano app e software “craccati” evitando così la sottoscrizione dell’abbonamento. Nota lieta in questo far west è il tramonto del cosiddetto “pezzotto” il decoder che  permetteva di vedere gratis i canali satellitari o a pagamento, il’11% l’ha sperimentato in famiglia, ma quasi la metà di questi lo ha presto abbandonato, cosicché oggi solo un esiguo 6% lo possiede ancora. Se quanto appena illustrato non bastasse, l’indagine mostra anche come, per una parte consistente degli intervistati, l’attacco al diritto d’autore e alle opere d’ingegno sia una costante. E se nel caso del vestiario e della tecnologia, mediamente “solo” per 1 su 10 è un’abitudine cercare prodotti contraffatti, per quanto riguarda lo streaming illegale o in violazione dei termini di contratto previsti dalle varie piattaforme la quota si impenna, comprendo un terzo delcampione (33%).

Importante ricordare che l’EUIPO ha messo a punto un kit per i docenti perchépossano sviluppare questi temi nel contesto scolastico. Cercando così di trasmettere una cultura della proprietà intellettuale a 360 gradi, puntando sul concetto che i prodotti contraffatti o i servizi online pirata possono arrecare problemi di salute e sicurezza, oltre che conseguenze di natura legale e danni al settore produttivo. Iniziativa questa di buon auspicio anche se serve, e questo è un tema dai più condiviso, l’abitudine a “buone frequentazioni” ed anche il “buon esempio” che non sempre accompagna il rapporto genitori figli, e spesso l’abitudine a guardare programmi illegalmente è condivisa proprio in casa dove questo tipo di infrazione è considerato a volte “un peccato veniale”. https://nofakebereal.skuola.net/registrazione.aspx. Durante il ventennio fascista erano in vigore disposizioni come la Legge 18 marzo 1926 n. 562 che converte in legge il Regio Decreto Legge del 7 novembre 1925 n. 1950 “Disposizioni sul diritto d’autore”, la Legge 17 giugno 1937-XV n. 1251 e la Legge 2 giugno 1939-XVII n. 739, successivamente la materia venne ad essere regolata in modo organico dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633. Al momento della sua emanazione, la norma era conforme alla tutela minima prevista dalla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche del 1886. Nel corso del tempo le sue disposizioni sono state modificate in più occasioni, in recepimento anche di diverse direttive dell’Unione Europea, a parte l’adeguamento il dettato successivamente alla nascita della Repubblica Italiana. Ad esempio in relazione alla tutela giuridica del software venne data dall’emanazione del Decreto Legislativo 518 del 29 dicembre 1992 n. 518 ha modificato la normativa sul diritto d’autore italiano e ha introdotto ulteriori disposizioni al fine di contrastare la pirateria e la contraffazione via internet.