Il Recovery Plan non può fallire, altrimenti fallisce l’Europa

di Piero Giuseppe Goletto

La partita del Recovery Plan non è solo una questione interna al nostro Paese – e va accreditata quale verità il riconoscere che si sta letteralmente parlando del suo futuro – ma è questione europea.

Le previsioni economiche più recenti propongono una crescita del Pil nello scenario programmatico del 4,5% nel 2021, del 4,8% nel 2022, del 2,6% nel 2023 e dell’1,8% nel 2024. Il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita del 4,2% quest’anno. Analoghe previsioni provengono dall’OCSE e dalla Commissione Europea così come dalla Banca d’Italia. Prometeia è più ottimista  e arriva a stimare una crescita al 4,7%. La BCE prevede una crescita per l’area Euro del 4,6% nell’anno corrente e del 4,7% nel 2022.

Per dare il giusto peso a questi dati occorre ricordare che la caduta del PIL è stata dell’8,9% nel 2020. Secondo le stime di Prometeia si sono persi nel 2020 qualcosa come 150 miliardi di euro di PIL, 108 miliardi in consumi. Dopo il 6,6% di politiche espansive del 2020 (108 miliardi) il 2021 si avvia a un volume di 85 miliardi (5% del PIL).

Dal Next Generation EU verranno potenzialmente 209 miliardi di euro da spendere in 6 anni; le spese aggiuntive finanziate con questi fondi ammonterebbero, secondo Prometeia, a 81 miliardi sussidiate con contributi a fondo perduto e 40 miliardi di prestiti (erogati a partire dal 2024).

Uno scenario ottimistico elaborato da Prometeia vede il debito pubblico regredire dal livello attuale al 135% del PIL, con una crescita in linea con i maggiori Paesi dell’area euro. Il rischio è di non cogliere appieno il potenziale di risorse, ma se questo accadesse l’italia sarebbe condannata a essere relegata tra le economie deboli europee. Se l’Italia non affronta e risolve i suoi problemi strutturali, è destinata a fallire e trascinare nel suo fallimento l’Europa.

Molto dipende, in Italia  e in Europa, dalle risposte dell’economia agli stimoli e dalla riduzione e rimozione delle misure emergenziali nel secondo semestre del 2021. Il ritorno alla normalità richiede cautela, per via delle varianti e per le incertezze in relazione ai vaccini. Tuttavia se si raggiungesse un livello di popolazione vaccinata molto elevato le misure di contenimento potrebbero essere, come si dice in gergo, “rilassate”.

La ripresa dei consumi sarà centrale nel recupero, così come gli investimenti che il piano di ripresa deve stimolare. Si tratta cioè di favorire la capacità industriale italiana e il lavoro, nelle sue varie forme (autonomo, dipendente, imprenditoriale) che deve essere riportato al centro del discorso economico.

E cosa succederà a livello internazionale? Chi scrive si aspetta una fase di deglobalizzazione e una successiva riglobalizzazione che però interesserebbe solo gli Stati democratici: USA; Unione Europea; UK e Stati del Commonwealth; Giappone. La riglobalizzazione potrebbe nascere da un trattato euro-americano, che confermi l’alleanza atlantica e ne declini i contenuti nel contesto del XXI secolo. NON è un percorso che si può percorrere rapidamente o con facilità.