Dove và la politica italiana? : quattro chiacchere con Marco Revelli

di Alessandro Claudio Giordano


Tempi difficili per il nostro paese e per la sua politica. Scosso da una crisi economica e sociale importante, naviga in acque agitate. Da un lato la politica manca di progettualità che non siano limitate alla legislatura, dall’altro l’Europa, o per lo meno il modello europeista di riferimento si sta un poco perdendo.

Ne ho parlato con il prof. Marco Revelli, titolare delle cattedre di Scienza della politica, Sistemi Politici e Amministrativi Comparati e Teorie dell'Amministrazione e Politiche Pubbliche presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro". Dal 2007 presidente della Commissione di indagine sull'Esclusione Sociale (CIES). Nel 2014 è tra i promotori della lista della sinistra radicale in vista delle elezioni europee, denominata L'Altra Europa con Tsipras.


D. - E’ trascorso un anno dalla vittoria di Giorgia Meloni. Facciamo un breve bilancio a dodici mesi di distanza?
R. - Questo governo, guidato dalla peggior destra dal 1945, quella con le radici piantate nella Repubblica sociale, era partito male: ricordate le gaffes di Cutro? Il decreto sui rave con relative retromarce? Le SS di via Rasella definite “musicisti pensionati”? L’incapacità della premier il 25 aprile di pronunciare la parola “antifascismo”? Le uscite surreali del ministro-cognato sulla “sostituzione etnica” (tema peraltro caro alla stessa premier)? E ha proseguito anche peggio: l’esibizione di sadismo sociale con la cancellazione, in quel modo (con un SMS), del reddito di cittadinanza. Il rifiuto del salario minimo (misura che potrebbe evitare il “lavoro indecente”). La mancata riduzione delle accise sui carburanti, che penalizzano i meno abbienti. La pantomima della tassazione dei superprofitti delle banche rimangiata in gran parte. Fino alla recente manovra, che contraddice tutte le promesse elettorali, finanziata in debito col rischio di bocciature europee e dei mercati
D. - Esistono oggi una o più forze politiche capaci di ipotizzare un progetto politico articolato ed alternativo a questa maggioranza?
R. - Purtroppo no. Il solo punto di forza di questa maggioranze, in difficoltà sul fronte delle alleanze europee e resa accettabile nei salotti buoni dell’Occidente solo dalla guerra in Ucraina, è nella debolezza delle opposizioni, divise tra loro e al loro stesso interno. E nell’assenza reale di alternative sul tappeto, di fronte a politiche economiche e sociali pre-definite a Bruxelles, per non parlare delle alleanze internazionali, intoccabili per definizione. Personalmente ho salutato con piacere il successo di Elly Schlein, ma l’impressione è che sia troppo sola in un partito che non la sostiene con la convinzione che sarebbe necessaria per invertire una tendenza infelice (pensiamo al periodo renziano).
D. - Suo papà Nuto con altri, ha gettato le basi su cui il paese si è risollevato ed è cresciuto. All’epoca c’era un’Italia appena uscita da un terribile ventennio di dittatura povera ma piena di speranza. I valori di etica politica e la salvaguardia dei diritti fondamentali devono essere rivitalizzati?
R. - Guardi, le dico una cosa che so terribile, ma è vera. A volte ringrazio che mio padre, morto nel 2004, non debba vedere quello che accade. Già allora soffriva davanti ai telegiornali, in un’Italia già in buona parte berlusconiana, ma lo spettacolo degli eredi del regime che combatté allora con enormi sacrifici, lui e quel8i come lui, alla guida di un Paese in buona parte anestetizzato, gli sarebbe davvero troppo duro da sopportare. Combatterono per la Giustizia e la Libertà, per emendare l’Italia della colpa gravissima di aver generato e sopportato il fascismo, per garantire alle generazioni successive di non dover subire quanto era toccato a loro, alla cosiddetta “generazione del Littorio”, con quelle guerre sciagurate anzi, per assicurarsi che la guerra fosse bandita dal nostro orizzonte. Ora, quella esperienza che ci ha garantito un lungo periodo in un Paese di cui non doversi vergognare, rischia di essere rovesciata e cancellata.
D. - Oggi il nostro paese vive difficoltà di ordine economico e sociale. Sappiamo quanto il populismo non sia la soluzione al tema. Quale potrebbe essere invece l’approccio corretto per affrontare sia la diseguaglianza ormai non più latente ed il tema dei flussi migratori?
R. - Una seria riflessione su noi non solo italiani, noi europei, noi occidentali, sul nostro modello di vita, sul nostro impoverimento interiore di fronte al dilagare di un consumismo patologico, sulla nostra mancanza di empatia nei confronti degli altri, sul cinismo che si è impadronito delle coscienze, sulla rassegnazione ad assistere, come diceva Bobbio, allo “scandalo delle diseguaglianze”. Sappiamo di vivere in modo “non sostenibile”, destinato prima o poi, sempre più prima che poi, a collassare insieme agli equilibri sociali e ambientali del pianeta, ma non facciamo nulla per rallentare questa corsa verso il nulla. L’unica voce capace di un senso all’altezza delle sfide attuali è quella di un Papa in grado di cogliere il carattere tragico del momento che viviamo, di dire parole piene di umanità e di futuro, ma troppo poco ascoltato.
D. - Decenni di politica e di storia ci avevano abituati ad un’Italia protagonista in senso positivo nel contesto europeo. Oggi pare che il governo abbia optato per una posizione smarcata e marginale rinunciando ad una mediazione responsabile su temi importanti come la guerra in Ucraina. Quindi allineati oppure sarebbe opportuna una posizione più critica?
R. - Certo che sarebbe opportuna. Sarebbe necessaria. Ma da questi governanti che cosa ci si può aspettare? Ognuno dà per ciò che è. E questi sono così: malati di nazionalismo bolso e vuoti di capacità e di soluzioni efficaci.
D. - In chiusura che cosa si auspica per il futuro del paese?
R. - Un soprassalto.