di Alessandro Claudio Giordano
“Il fine giustifica i mezzi.” Quante volte abbiam o sentito questa frase e quante volte l’abbiamo pronunciata per è di fatto a corredo linguistico del nostro quotidiano, occupa un posticino tra le nostre citazioni che spesso traiamo dai rotocalchi piuttosto che dai libri di storia e di filosofia da dove vengono presi in origine.
Ed a ogni buon conto sono parte del bagaglio di noi scout improvvisati di questo terzo millennio così avaro di novità. Dove tutto è ad ogni buon conto, preso, tritato e rielaborato proprio come i vecchi proverbi tanto utili in questo momento di stretta linguistica. Così non fu Macchiavelli ma Ovidio a proporre la massima “Exitus acta probat” (“Il risultato è la verifica delle azioni, Ovidio, Ars amatoria.) che voleva essere una sottolineatura filosofica e non politica. Publio Ovidio Nasone, noto semplicemente come Ovidio è considerato tra i principali esponenti della letteratura latina e della poesia elegiaca e amorosa. “Il fine giustifica i mezzi”, non venne pronunciata da Niccolò Machiavelli né disse né scrisse mai questa frase . piuttosto rileggendo Il Principe si rintraccia “Nelle azioni di tutti li uomini, e massime de’ principi, dove non è iudizio da reclamare, si guarda al fine. Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo Stato: e mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno lodati”. Una frase che credo significhi tutt’altro… L'’errore risiede tuttavia non solo nella attribuzione della frase al noto storico e filosofo fiorentino ma anche nell’uso della parola “giustifica” che evoca sempre un criterio morale, mentre Machiavelli non vuole “giustificare” nulla, bensì valutare, in base ad un differente metro di giudizio, se i mezzi utilizzati sono adatti a conseguire l’unico fine politico degno di essere perseguito: il mantenimento dello Stato. Chiarito il dubbio, Machiavelli va ricordato soprattutto per l'analisi sul dualismo tra virtù e fortuna. Nel “De Principatibus”, capitolo XXV, l’autore sviluppa il rapporto tra queste due attitudini. Quanto la fortuna può condizionare le opere dell’uomo? La fortuna condiziona solamente per il cinquanta per cento delle scelte. L’altra metà è la diretta manifestazione delle virtù dell’uomo. Machiavelli prosegue poi la riflessione paragonando la fortuna a un fiume, talvolta calmo, talvolta dirompente. Ed è quando la furia del fiume di fa più forte che questo inonda i territori circostanti, distrugge gli alberi e gli edifici, ciascuno fugge dinnanzi alla sua ira senza poter opporre resistenza. Allo stesso modo la fortuna se avversa spazza via tutto ciò che c’è di buono e che con fatica si è costruito.