Insight...in viaggio verso Marte

di Piero Giuseppe Goletto

Il 5 Maggio 2018 è partita dalla Vandemberg Air Force Base, negli Stati Uniti, la missione di ricercaspaziale “Insight” in direzione di Marte.

La sigla dovrebbe significare “Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport” (in pratica: studio dell’interno [di Marte] attraverso indagini sismiche, geodetiche e del trasferimento di calore), ma forse è più importante cogliere dal termine inglese “Insight” (intuizione, “guardare dentro”) il senso profondo di questa missione: risalire alle origini di Marte, capire se è geologicamente attivo ricostruendone la storia geologica.

Ricostruire la storia geologica di Marte serve però anche a capire quella terrestre e raccogliere importanti indizi sull’evoluzione dei pianeti terrestri (quindi, anche della Terra). I ricercatori pensano che le origini dei terremoti marziani possano avere un’origine diversa da quella terrestre (i terremoti terrestri sono dovuti, ad esempio, alla deriva dei continenti oppure al vulcanismo). Nel caso di Marte, i cosiddetti “martemoti” che affliggono il pianeta da 4 miliardi di anni sono causati dai meteoriti che colpiscono la superficie, dal magma che si muove a grandi profondità e da movimenti tellurici lungo le faglie.

Se tutto procede secondo i piani, InSight dovrebbe atterrare su Marte il 26 novembre (il 27 novembre alle 9 ora italiana), dopo un viaggio di 485 milioni di chilometri. L’atterraggio è previsto in una regione posta in prossimità dell’Equatore e denominata Elysium Planitia. Si tratta di un complesso di origine vulcanica, che secondo gli studiosi è ottimale per analizzare il mantello e il sottosuolo marziano.

La regione Elysium, fotografata dalla Mars Orbiter Camera a bordo della missione Mars Global Surveyor, presenta zone in cui le colate laviche risultano essere molto recenti – si stima risalgano a 3 o 4 milioni di anni fa. Questo fa ritenere che i vulcani di questa regione potrebbero ancora eruttare.

La presenza di livelli molto bassi di torio e potassio (elementi radioattivi che invece abbondano nelle altre regioni vulcaniche marziane) fa pensare che questi elementi si siano esauriti dopo le primissime eruzioni.

Il lander, che non potrà muoversi, inserirà il braccio robotico nel suolo del pianeta. Su tale braccio robotico sono installati il sismometro SEIS, in grado di misurare i movimenti della crosta marziana e delle profondità interne di Marte, il sensore Heat Flow and Physical Properties Probe (HP3), che arriverà a 5 metri di profondità e permetterà l’analisi del calore presente nel sottosuolo marziano.

Con il Rotation and Interior Structure Experiment (Rise) saranno invece misurati i minimi cambiamenti nella posizione del lander per rivelare come Marte si sta muovendo nella sua orbita. Scoprire che Marte è un corpo planetario complesso e caratterizzato da un’evoluzione geologica (tutto il contrario della Luna) giocherebbe a favore di una ipotesi di colonizzazione terrestre, sinora confinata soltanto nei libri di fantascienza, dove il Pianeta Marte ha sempre avuto grande rilevanza.