L'Europa a scuola: quali differenze?

di Alessandro Claudio Giordano

Avevamo dedicato alcune settimane tessendo la rete legislativa che ha accompagnato la riforma scolastica nel paese prima e dopo lil ventennio fascista, passando poi attraverso i sostanziali cambiamenti che ci ha regalato il momento repubblicano.

Oggi l’Italia è parte integrante dell’Unione Europea e per questo spesso abbiamo occasione di confronti su programmi e metodologie utilizzate in altre realtà comunitarie. Di recente poi, l’Unione Europea ha individuato nell’istruzione uno strumento efficace per favorire l’adesione a valori comuni e la coesione tra i vari stati. Così ho messo il naso fuori dall’Italia e senza neanche andare troppo lontano mi sono accorto che diverse di quelle che consideravo certezze della quotidianità scolastica, dalle vacanze estive ai compiti a casa, non sono realtà universali. Allora cosa insegnano nel resto d'Europa che in Italia proprio non abbiamo? In Germania, la quasi totalità degli studenti frequenta scuole pubbliche, essere istruiti a casa è illegale e le scuole dell’obbligo sono previste fino ai quindici anni. Il sistema scolastico lascia larga autonomia ai sedici landers ma già intorno ai dieci anni, alla fine della scuola elementare, gli studenti sono separati per abilità e aspirazioni.Il sistema di valutazione tedesco va al contrario, da uno a sei, e uno è il voto più alto. Ad esempio al Gymnasium (l’equivalente del nostro liceo) non si usano più questi voti ma un sistema a punti che mi è sembrato complicatissimo. Con alcune differenze tra i diversi land, gli studenti possono scegliere tra le scuole più vicine ai nostri istituti professionali e il Gymnasium, al quale sono spinti ad aspirare. Questo sistema è stato criticato per promuovere una scelta precoce che finisce con il penalizzare gli studenti già svantaggiati dal punto di vista sociale ed economico, contribuendo a una vera e propria segregazione. L’approccio "separatista" si riflette anche nell’istruzione degli studenti disabili o con disturbi dell’apprendimento che, nonostante possano accedere alle scuole regolari, frequentano perlopiù istituti a parte. Un recente sondaggio dimostra che nemmeno gli insegnanti tedeschi sanno bene che cosa pensare di queste scuole che dovrebbero essere meglio equipaggiate nel gestire alcuni bisogni specifici, ma di fatto impediscono l'integrazione sociale degli studenti. Il sistema educativo finlandese invece è considerato da tempo uno dei migliori al mondo: gratuito, in grado di integrare studenti di ogni estrazione sociale ed economica, è conosciuto come quello in cui già la materna fa parte delle scuole dell’obbligo, si impara il rispetto per il lavoro manuale con lezioni di falegnameria o di cucina, si fanno poche verifiche e ancora meno compiti a casa. Alcuni anni orsono (2016) era entrata in vigore una riforma che, tra le altre cose, prevedeva una forte attenzione all’uso di nuove tecnologie e allo sviluppo di molte delle competenze richieste in ambito professionale, e la promozione di un nuovo modo di insegnare basato su argomenti, più che su materie distinte. La riforma non ha messo però tutti d’accordo con la ristrutturazione del curriculum avrebbe e diremmo la fine del concetto di ‘materie scolastiche’. Le nuove disposizioni mirano a stimolare gli studenti introducendo un apprendimento calato nella realtà di tutti i giorni, nel quale i concetti e le nozioni più tradizionali sono applicati ad argomenti nuovi e d’attualità. Quindi, invece di studiare geografia durante l’ora di geografia, le scuole possono prevedere un percorso in cui si impari la geografia parlando del cambiamento climatico o del fenomeno migratorio, o dell’Unione Europea. Comunque, in Finlandia non esistono classi o corsi separati per studenti con rendimenti al di sotto o al di sopra della media, e al di là di ogni possibile critica resta il fatto che lo scarto tra i più e meno capaci è tra i più piccoli al mondo. I cugini francesi hanno un’organizzazione simile di quella italiana e seguono cicli piuttosto simili, dai sei ai sedici anni. Le materie principali sono pressoché identiche alle nostre, ma secondo gli ultimi dati PISA che sarebbe il programma di valutazione dell'OECD dei sistemi scolastici del mondo) i francesi ci battono, anche se di poco, in tutte le performance di riferimento: scienze, matematica e lettura. Gli studenti francesi hanno i compiti a casa, ma sono sottoposti alla frustrazione di non vedere quasi mai nessuno raggiungere il massimo dei voti (20) nelle verifiche e nelle interrogazioni.

Secondo alcuni, questo modo di valutare il lavoro degli studenti li incentiverebbe ad accontentarsi, considerando anche che non c’è nessun tipo di selezione per accedere all'università (escluse, ovviamente, le Grande Écoles d'élite; e nonostante la proposta di Macron di introdurre il numero chiuso). Gli studenti della scuola pubblica la stragrande maggioranza vengono iscritti agli istituti in base all’indirizzo di residenza, senza eccezioni. Vanno a scuola mattina e pomeriggio, e al liceo le lezioni possono finire molto tardi, anche ad oltre le diciotto. Recupereranno con un bel po’ di vacanze: un paio di settimane ogni sette, in aggiunta ai due mesi di pausa estiva. E se non bastasse, mentre nel resto del mondo il mercoledì è noto come l’odiatissimo ‘hump day, in Francia c'è l’usanza di non avere scuola o di fare soltanto mezza giornata. Le scuole private non sono numerose e sono soprattutto religiose, mentre l’istruzione pubblica è assolutamente laica. Nessun simbolo in vista, nessun crocifisso appeso.In Gran Bretagna lo stile brish rimane un must. Per le ragazze la gonna a pieghe, calzettoni e, a volte, cappellini. Per i ragazzi camicia, pantaloni—anche a bermuda, di velluto a coste. Per gli inglesi la divisa è obbligatoria in quasi tutte le scuole, sia pubbliche che private. Le scuole inglesi non hanno diversi tipi di scuole superiori così i ragazzi, a quattordici anni, devono scegliere quali materie facoltative continuare a studiare insieme a quelle obbligatorie (inglese, matematica, scienze, e a volte una lingua straniera o un'altra materia) per presentarle ai GCSE—gli esami da passare a sedici per accedere al college. È davvero difficile incontrare qualcuno che abbia dovuto ripetere l’anno: solo il tre percento degli studenti del Regno Unito sotto i quindici anni, contro una media dei paesi europei di oltre il dieci. Per tradizione gli inglesi sembrerebbero particolarmente ossessionati dal voler separare gli studenti più bravi, che possono essere ammessi a classi successive o tentare il test d'ammissione per entrare in una grammar school, una specie di scuola pubblica per piccoli genii Le grammar school non sono da confondersi con i collegi privati d’élite, le cosiddette public school, tipo Eton, che continuano ad accogliere i figli della classe dirigente inglese. Queste scuole sono note (a ragione) per costare cifre esorbitanti, aver creato negli anni un proprio slang e fare cose tipo costruire di tasca propria un circuito da canottaggio a misura di studenti e Olimpiadi. Ho volutamente tracciato una linea guida toccando i paesi più importanti ed allo stesso tempo più diversi nei programmi. Per ciò che rappresenterebbe la scuola, un trait d’union comunitario, l’Europa ha perso. In tanti anni le istituzioni non sono riuscite ad uniformarne i programmi, parificando anche le materie di insegnamento. E’ mancata un’intesa che avrebbe guidato tutti verso una piattaforma condivisa. Al di là di una sentita necessità a muovere tutti nella stessa direzione rimane una barriera difficilmente superabile data dal retaggio culturale e da tradizioni didattiche molto lontane tra loro. Quando nel 1980, nacque Eurydice è la rete istituzionale, voluta dalla Commissione europea,  si iniziò a raccogliere, aggiornare, analizzare e diffondere informazioni su struttura ed organizzazione dei sistemi educativi europei. La rete oggi ha un’Unità centrale con sede a Bruxelles e quarantatre Unità nazionali operanti nei ventotto Stati membri dell’Unione europea più altri Paesi extra UE come Albania, Bosnia e Erzegovina e Svizzera. Dal 1985, l’Unità nazionale italiana ha sede presso l’Indire – Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa. Eurydice offre descrizioni dettagliate e aggiornate sui sistemi educativi a tutti i livelli; producestudi comparativi tematici nel campo dell’istruzione e della formazione redigendo rapporti su dati. Uno di questi è I sistemi scolastici europei al traguardo del 2020, di seguito presentato, risultato dal monitoraggio annuale del 2019. L’UE ha raggiunto obiettivo di innalzare il tasso di diplomati dell’istruzione terziaria ad almeno il 40%. Nel 2018, infatti, il 40,7% della popolazione europea di età compresa tra i 30 e i 34 anni era in possesso di un diploma di livello terziario. In media, il tasso delle donne diplomate dell’istruzione terziaria è superiore a quello degli uomini con un divario in costante aumento. Tra i paesi con una bassa percentuale di diplomati dell’istruzione terziaria, la Romania e l’Italia spiccano con percentuali significativamente più basse della media, mentre in Svezia, Lussemburgo, Irlanda, Cipro e Lituania, la percentuale sale oltre il 50% della popolazione. In merito all’ aiutare i gruppi svantaggiati, purtroppo solo un terzo dei paesi ha attuato meccanismi di finanziamento basati sui risultati e focalizzati sulla dimensione sociale per incentivare la partecipazione all’istruzione superiore. Così se da una parte si è migliorato e l’asticella in tema di laureati, è stata spostata verso l’alto e di molto dall’altra manca ancora l’uniformità di intenti. L’Europa di oggi è molto cambiata rispetto a quella dei primi anni ottanta. In più l’integrazione massiva di nuclei familiari e singoli extracomunitari ha portato a ridefinire anche l’approccio di lingue materne ad un sistema linguistico differente con grandi problemi di ordine didattico. Problema importante è l’abbandono della scuola ed in Europa la percentuale di donne che hanno lasciato la scuola prima del conseguimento di un diploma secondario è inferiore a quella degli uomini. Tuttavia, i giovani nativi hanno, in media, tassi più bassi di abbandono precoce rispetto ai giovani di origine straniera, in particolare rispetto a quelli nati al di fuori dell’UE. La scuola e l’istruzione condiziona la società. Resta valido il paradigma per cui le singole realtà devono assolutamente riuscire a bissare questo gap imponendo una svolta decisiva verso l’integrazione sociale in Europa.