Napoleone a Cuneo

di Alessandro Claudio Giordano

 L’epoca bonapartista ha rappresentato per Cuneo sia politicante che socialmente un punto di svolta fondamentale. Il rapporto che i cuneesi ebbero con l’Imperatore fu di amore ed odio, rinnovato in un senso o nell’altro ogni volta che Napoleone varcava i confini.

E questi poco più che venticinquenne generale di Brigata faceva già parlare di sé già per coraggio ed astuzia. Fu al seguito delle truppe francesi che nel giugno 1793 scivolarono in perlustrazione giù dalla Maddalena verso la Valle Stura. Così come nell’aprile 1794 durante l’occupazione Garessio. Due anni più tardi, al comando dell’Armée d’Italie, Bonaparte sbaraglierà le forze austriache e sabaude. La storia mette Cuneo e Napoleone di fronte, quando il 28 aprile 1796 venne firmato l’armistizio di Cherasco ed il capoluogo venne ceduto “a titolo di deposito ai Francesi”, suscitando il malcontento della gente che era pronta alla difesa in armi. La prima occupazione napoleonica durò appena tre anni, ma rivoluzionò la quotidianità cuneese. I comitati Rivoluzionari appena nati regalarono l’albero della Libertà, introdussero l’illuminazione pubblica notturna sostituendo i lumicini portati a mano dai passanti (siamo al 1798), venne creata la Guardia Nazionale e proclamata l’abolizione di tutti i segni esteriori della nobiltà. Il 7 febbraio 1799 la municipalità di Cuneo votò l’annessione alla Francia: nel neonato dipartimento dello Stura sono riunite le antiche province di Mondovì, Saluzzo, Cuneo, Alba e Oneglia ed il 20 giugno, la città ne divenne capoluogo, scalzando la ribelle e saccheggiata Mondovì. Mentre Napoleone tornava a Parigi dall’Egitto per dare vita al consolato con il colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre), austro-russi di Suvorov stringevano Cuneo d’assedio. L’ultimo concluso in dicembre con l’inevitabile resa della guarnigione lasciata a controllare la città. Quando Bonaparte rientrerà in Italia sarà la volta di Marengo dove il 14 giugno 1800, gli austriaci perderanno ancora. E per Cuneo come per altre realtà del territorio questo significherà un cambio di prospettiva in base alla  Convenzione di Alessandria. L’abbattimento delle mura cittadine, ma ancor più il Plan et projet d’aggrandissement et embellissement che nel 1802 sarà il primo piano regolatore. Cuneo fu il pass partout per l’accesso al Piemonte da parte francese, e fu il volano per la crescita della città e nel suo contesto territoriale. Cuneo con Napoleone divenne città moderna lasciandosi alle spalle la definizione di “città fortezza”. Già perché nel 1800 in base all’articolo 70 della convenzione di Alessandria del 15 giugno 1800, stabiliva che le mura cittadine dovevano essere abbattute. Così l'ordine specifico di Napoleone, per le fortificazioni di Cuneo, fu emanato il 4 luglio 1800, la Municipalità di Cuneo il 18 luglio la accolse, accettando l'abbattimento della “triplice cerchia di possenti mura” cinque giorni dopo. I genieri francesi guidati dal generale Pellettier raggiunsero la città il 23 luglio ed immediatamente iniziarono le opere di minamento dell’accesso alla città (due i ponti che sarebbero stati fatti brillare). Il generale Massena, comandante dell’Armèe d’Italie, dispose poi che l’onere per l’abbattimento delle fortificazioni dovesse essere ripartito tra i comuni di Cuneo, Saluzzo, Mondovì, Oneglia ed Alba, con una spesa totale di lire 234.010, che per Cuneo fu di lire 68.416. Per i lavori di demolizione, ogni giorno furono impiegati circa millecinquecento uomini: trecento alle demolizioni e milleduecento ai trasporti. Vennero distrutti via via i bastioni: quello di S. Giacomo, di S.Anna, poi i Bastioni dell’Olmo, di Caraglio, di S. Francesco e via così.

Nell’autunno 1801, le fortificazioni non erano più visibili. Permanevano solo alcune tracce sul lato stura, la scarpata di fronte l’ex ospedale e sul lato gesso nella zona degli ex lavatoi pubblici.  L’intera opera venne poi completata in quattordici mesi consegnando ai cuneesi una città moderna e più dinamica e di rilevanza amministrativa della Granda. Nulla a che vedere quella piazzaforte cui era stata relegata Cuneo per secoli. In un’epoca come questa qualsiasi intervento di carattere massivo sul territorio determinò un cambio strutturale e di indirizzo. Il perdere i connotati della piazza forte militare giovò alla città che si trasformò in un moderno agglomerato urbano aperto anche ad un minimo commercio che rese i cuneesi in parte autonomi. Si è detto in precedenza che le scelte di Napoleone spinsero Cuneo anche da un punto di vista sociale e religioso. Bonaparte usò la scure sull’assetto ed organizzazione della Chiesa In Piemonte. Vennero cancellate nove diocesi: Alba, Aosta, Biella, Bobbio, Casale, Fossano, Pinerolo, Susa, Tortona; e ampliate le restanti otto: Torino, Acqui, Alessandria (poi sostituita da Casale), Asti, Ivrea, Mondovì, Saluzzo, Vercelli. Pinerolo passa a Saluzzo, Susa a Torino, Aosta a Ivrea. La promozione, seppur per anni dibattuta, a Diocesi, venne perorata in buona parte dai francesi anche se contrastata dai notabili monregalesi. Nel giugno 1803 con la bolla di Pio VII che serviva alla riorganizzazione delle diocesi Piemontesi se ne decretò la nomina che venne prima bloccata e poi fatta revocare. Successivamente con il Decreto Esecutoriale del cardinal Caprara del 23 gennaio 1805 tutto il territorio della rinnovata diocesi venne ancora attribuito a Mondovì.  Dopo dodici anni finalmente, il 17 luglio 1817, un’altra bolla, la “Beati Petri Apostolorum Principis” avrebbe stabilito una nuova circoscrizione delle diocesi subalpine preesistenti, e tra queste  la nuova di Cuneo. Il primo vescovo di Cuneo fu Amedeo Bruno di Samone, un cuneese di nobile famiglia, i Bruno, una delle più potenti e famose della città. Amedeo venne ordinato presbitero nel 1776 e nominato priore della facoltà di teologia di Torino. Scelto da Vittorio Emanuele I come primo vescovo di Cuneo. In un’epoca in cui i confini ed il territorio venivano rappresentati in modo differente da oggi. Cuneo ed i cuneesi hanno sempre vissuto il loro stato di città di confine, miscelando tutte le caratteristiche delle realtà che qui si incontravano, con determinazione e coraggio, mantenendo la proverbiale diffidenza per ciò che si reputa estraneo alla pacata quotidianità. Quella lasciataci dai francesi è un’eredità importante perché ha ridefinito il ruolo di città e questo non è poca cosa. Cuneo ha tributato Napoleone a più riprese, come anche hanno fatto in forma curiosa le montagne cuneesi. Così dal Passo delle Mastrelle si può scorgere una formazione rocciosa che ricorda vagamente un bicorno, il tradizionale cappello utilizzato dagli eserciti di fine Settecento – inizio Ottocento e portato da Napoleone Bonaparte stesso, chiamato il Cappello di Napoleone, che fa sorridere gli escursionisti di passaggio. Cuneo o Coni non importa, vero è che la cuneesità ha vinto dando dimensione e spessore alla città.