Valichi, sentieri e mulattiere...

di Alessandro Claudio Giordano

Che cosa ci divide dalla Francia? Diremmo che parlando di frontiera viene inteso lo spartiacque che va dal Colle di Tenda al Colle della Maddalena e che rappresenta l’area transfrontaliera più importante dell’arco alpino italo-francese.

Un semicerchio che si sviluppa da sud-est verso nord-ovest e che ha come riferimento il Monte Gelàs (3143 m. Un’area che presenta da sempre molti di avvallamenti naturali e che hanno rappresentato sin dall’epoca romana, e forse ancor prima l’unica via di comunicazione più o meno percorribile verso la Pianura Padana. Le montagne hanno sempre rallentato le invasioni, così è stato sin dall’epoca romana. Infatti solo nel 14 a.C. i Romani riuscirono con fatica, valicate le Alpi a conquistare le Terre dei Liguri. Così l’Impero successivamente scelse di tracciare vie costiere dirette (l’Aurelia ad esempio) evitando di tracciare percorsi difficili ed impervi. Questi resistettero perché utilizzati sin dall’epoca preromana per la transumanza e più tardi per scambi commerciali (soprattutto sale) tra villaggi vicini, in una realtà in cui esisteva la moneta, ma prevaleva il baratto. Nei secoli successivi si alternano le fortune di un’area che dopo la caduta dell’Impero d’ Occidente (476 d.C) e sino agli inizi dell’XII secolo, avrà una continua involuzione sociale ed economica propria di un di un periodo con secoli di grave instabilità politica. Così le carovane commerciali e quelle di pellegrini ripresero a percorrere i tratturi ed i sentieri che portavano ai colli di Tenda, di Finestra e della Maddalena. Vallate trasformate e coltivate perché ripopolate ed organizzate in villaggi. L’economia del tempo si basava sull’agricoltura, sull’allevamento, sul legname e sui trasporti. Quest’ultimo settore vide impegnati un gran numero di mulattieri e portatori come da necessità del tempo ed in buona parte tutti i valichi commercialmente rilevanti lo diventano anche da un punto di vista logistico militare Il Colle della Finestra, il Ciriegia, ed il Colle della Lombarda divennero passaggi importanti  a più riprese durante l’annessione del cuneese alla Provenza (1259-1382) ad esempio  e successivamente nel periodo che va Moderna della Contea di Nizza al Ducato di Savoia (1388) fino all’inclusione della Contea di Tenda nei possedimenti sabaudi nel 1581, per poi essere definitivamente abbandonati. Le guerre e le lotte tra le diverse dinastie regnanti per buona parte degli anni successivi, resero tutta quest’area in balia di truppe militari. Da una parte e dell’altra del depluvio transfrontaliero tutta la dorsale di confine dalle valli dell’Ubaye e Stura fu resa instabile almeno sino alla fine del XVIII secolo, periodo dell’unificazione del Piemonte sotto Casa Savoia. A partire dal 1815, con l’annessione della Liguria al Regno di Sardegna, Genova divenne il principale porto ed emporio commerciale sabaudo. Così Nizza e i colli delle Alpi Marittime persero molta  della loro importanza e gli scomodi valichi furono dimenticati.

 

Durante l’ultimo conflitto mondiale, i passi delle Alpi Marittime furono teatro solo di operazioni militari secondarie. Spostamenti di truppe, occupazioni lampo, presidi importanti si per la regione, meno in generale per la guerra che si svolgeva in altre parti d’Europa. Gli stessi valichi proprio in quel periodo avevano una valenza limitata al commercio locale ed interessavano forse più del contrabbando che seppur era conosciuto sin dal XVII e XVIII secolo crebbe nell’800 sino al periodo a cavallo delle due guerre mondiali. Già per come dice il detto “Il valico fa l’uomo contrabbandiere”, e tanto più semplice attraverso tanto ghiotta è la tentazione.  Così quando scarseggiava il mangiare e la vita era grama, ecco che molti giovani montanari tentare la fortuna, attraversando nottetempo con zaini il confine e rientrando in giornata, barattando, trattando e scambiando. Un contrabbando molto sui generis, importante però per sopravvivere. E questa è situazione comune a molti paesi delle Alpi Marittime soprattutto nel periodo bellico. Il Colle di Finestra, il Passo del Clapier, quello delle Rovine, la Bassa dei Cinque Laghi, la Bassa di Prals e il valico che porta il nome eloquente di “Colle dei Ladri” hanno rappresentato alle vie normali, alimentando le speranze di bande che si muovevano organizzate a volte anche durante la stagione invernale sfidando così neve e intemperie. Preceduti dalle vedette, i piccoli gruppi di contrabbandieri partivano dai paesi delle alte valli Vermenagna, Gesso, Roya e Vésubie di notte, con una cadenza regolare, che in alcuni casi prevedevano più viaggi settimanali. Un codice di identificazione “segreto” e “segnali” determinanti per non pregiudicare l’affare. Il lenzuolo bianco sul balcone del mediatore avallava lo scambio. Spesso i giovani contrabbandieri  dopo ore di scarpinate, raggiunto il paese trovavano riparo in cascinali dove aspettavano il momento propizio per uscire. Ingannando “les policiers” e “les douaniers”, posti di guardia. Sulle schiene dei contrabbandieri viaggiava merce molto povera (le sigarette, zucchero, caffè, pietre focaie, pelli da conciare e occasionalmente pecore e capre). Con la fine della seconda guerra mondiale, crebbe il livello di sorveglianza così da costringere  le bande a ridefinire impegni ed organizzazione sino a cessare del tutto i traffici con i primi anni cinquanta. Si chiuse così la stagione del commercio illegale nei paesi di frontiera delle Alpi Marittime. Ed i sentieri di collegamento tra le valli italiane e francesi con i comuni montani vennero abbandonati per le più comode strade che dal capoluogo si muovevano sul fondovalle.

Gran parte della rete viaria della valle Gesso si sviluppò grazie all’intervento del Re Vittorio Emanuele II. Con il ritorno della Contea si Nizza alla Francia nel 1861, un anno dopo l’unità d’Italia i rapporti trasnfrontalieri si fecero più tesi, così nella seconda metà dell’800 sino ancora ai primi dell’900. Anche in questa zona seppur molto aspra vennero costruite casermette, posti di vigilanza, baracche e bivacchi e risistemate le mulattiere come quella ad esempio dei “Baraccamenti di Valscura-Ricoveri di Fremamorta”, dieci chilometri di tracciato in quota oltre i duemila metri., oppure il Ricovero delle Portette, oggi Rifugio Questa. Un intervento più o meno capillare che avrebbe reso effettivi i collegamenti tra valichi in quota e garantito il passaggio a truppe, muli e cannoni, anche se tutta la valle perla sua asprezza era considerata una via di invasione adatta solo a piccoli contingenti di fanteria e quindi di secondaria importanza. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, e la distruzione delle fortificazioni di confine imposta all’Italia dal trattato di Parigi del 1947 tutta la rete viaria militare venne dismessa ed abbandonata. L’impianto viario è stato oggi in parte ripristinato e messo al servizio degli escursionisti. I bivacchi trasformati in rifugi o posti ristoro. Dell’ingegneria e della strategia militare dell’800 poco è rimasto. I sentieri e le mulattiere rimangono però  segni concreti di una realtà geo politica oggi non più proponibile ma certamente patrimonio culturale delle nostre vallate.