La Bela Rosin...una regina senza corona

di Alessandro Claudio Giordano

 Diremmo che le vicende ed i pettegolezzi di Palazzo hanno sempre interessato la quotidianità della società nostrana. Accade con continuità oggi attraverso tv e rotocalchi. Era comune piacere anche quando l’Italia era ancora sabauda.

Così la storia vera o romanzata della Bela Rusin arriva a noi dettagliata dalle cronache del tempo. Ci affascina per la sua singolarità e la sua linearità. Ha tutti gli ingredienti per entusiasmare e commuovere. Protagonisti Vittorio Emanuele II, figlio del Re Carlo Alberto, e la Bela Rusin, al secolo Rosa Vercellana giovane donna di origini nizzarde. Ci raccontano di un re all’epoca un poco “birichino”: donne, vino e gioco d’azzardo. Così parrebbe che scherzosamente qualcuno abbia dubitato del fatto che fosse Padre della Patria non proprio per le imprese risorgimentali, ma piuttosto per la prole che aveva regalato alla Corona durante le sue avventure lungo la Penisola.

Chi era Rosa Vercellana, la Bela Rusin? Era nata nel 1833 a Nizza. Una ragazza mediterranea. Occhi scuri e lungi capelli neri. Le descrizioni sono piuttosto sommarie. Certo è Padre pare avesse servito nell’esercito napoleonico. E nel 1847, con la famiglia viveva a Racconigi, dove era comandante del presidio di caccia. E Rosa aveva quattordici anni quando conobbe Vittorio Emanuele, e lui ventisette, una moglie e quattro figli. Rosa, però, gliene avrebbe dati altri due: Vittoria ed Emanuele Alberto che presero il cognome Guerrieri. La ragazza fu poi ospitata per un periodo al Castello di Mocalieri, dove avvicinò il rango nobiliare presente in città e fu seguita nell’educazione reale.  Suo malgrado non verrà mai accettata dai nobili.

I primi incontri tra i due si dice fossero stati “clandestini” per ovviare alla legge che prevedeva l’impossibilità di concupire ragazze con meno di sedici anni e soprattutto non scontarsi con il re Carlo Albero, assolutamente contrario a questo nuovo ménage. Si perché le relazioni “reali” duravano quanto un battito di ciglio, mentre questa lo accompagnerà tutta la vita. Lo scandalo esplose fragorosamente quando il principe Vittorio Emanuele, divenne re nel 1849.  Sia i nobili che i politici, specialmente dopo la morte della regina, Maria Adelaide avvenuta nel 1855, chiesero al re  di far un passo indietro e di chiudere  con questa relazione.  Vittorio Emanuele però non accettò così nell' aprile 1858 nominò Rosa Vercellana Contessa di Mirafiore Fontanafredda, regalandole il castello di Sommariva Perno. Con lo stesso decreto attribuì incarichi di prestigio ai familiari di Rosa Vercellana e assegnò il cognome Guerrieri ai figli.

 

Nel 1869, il Re si ammalò gravemente, decise così di sposare Rosa  con il solo rito religioso (non era però  nessuno dei diritti e poteri di regina). Dopo il matrimonio il Re e Rosa formarono una coppia diremmo regolare ed il 7 ottobre 1877, a Roma dopo il matrimonio civile divenne moglie del Re, non regina, o meglio sposa morganatica. Il 9 gennaio 1878, Vittorio Emanuele morì. La Bela Rosin trascorse con la figlia Vittoria gli ultimi anni della sua vita a Palazzo Feltrami a Pisa dove morì il 26 dicembre 1885, Venne sepolta a Roma perché la casa reale ne impedì la tumulazione al Pantheon di Roma. Rosa o la Bela Rosin è tutt’altro che un personaggio di secondo piano nella storia del casato sabaudo. Certo non politicamente, ma ha liberato il ruolo di semplice concubina delle stanze reali alzandolo a consorte riconosciuta. Si una Regina senza trono e corona ma come ha scritto Roberto “…vinse la battaglia fingendo di perderla, catturò Vittorio dandogli l’impressione di consegnarsi a lui. Una conquista frutto di astuzia, ma anche di acume e tempismo. Fra concessioni ch’erano rivendicazioni e perdoni ch’erano moniti. Se Vittorio se ne accorse, non sappiamo. La sua condotta, comunque, non mutò. A Rosa non avrebbe più rinunciato. Gli piaceva così, la voleva così. E, per trent’anni, così la ebbe”.

 

Il Mausoleo

Come già ricordato alla morte Rosa Vercellana non venne sepolta al Patheon con il marito. Così in forma provocatoria i figli ne fecero costruire una copia in scala.

Il mausoleo fu progettato dall'architetto Angelo Demezzi nel 1886 e ultimato nel 1888. alla fine dell’800 una copia del Pantheon a Mirafiori Sud, periferia di Torino. Qui le spoglie della Bela Rosin riposano dal 1972. Negli anni abbandono e degrado resero necessario un intervento da parte del Comune di Torino che effettuò il recupero dell’intera area, in quel periodo ancora vittima di atti vandalici. Il restauro, terminato nel 2005, ha cercato di rispettare  i progetti originari così per il marmo chiaro e venato e le colonne chiare. Necessarie alcune modifiche come l'arretramento dell'altare, la copertura del foro al centro della cupola con una lastra di vetro per tenere lontano le intemperie, la realizzazione di un trompe-l'œil sul soffitto a cassettoni (rovinato dai vandali e dall'acqua), e il taglio degli alberi ai lati del viale di ingresso.

Tutto questo ha consentito alla Bela Rosin di poter riposare nel suo Pantheon….