Esports: forse è il caso di cominciare a interessarsene

 

di Piero Giuseppe Goletto

 

Gli esports sono una novità che va sempre più diffondendosi e che permette al videogiocatore appassionato di taluni sport quali il calcio, il basket, la F1, la vela di praticare in modalità simulata queste attività, oppure di competere con altri giocatori in alcuni videogiochi.

Quando non si tratta di simulazioni sportive, siamo di fronte a giochi di combattimento e giochi di strategia in tempo reale ambientati in contesti fantastici.
I tornei di esport non si svolgono nel mondo virtuale ma nel mondo fisico e di fronte ad un pubblico. Le meccaniche del torneo prevedono una fase di eliminazione (girone all’italiana o eliminazione diretta) e l’intervento di arbitri.
Nella maggior parte dei casi in ciascuna partita si confrontano due squadre composte da un numero variabile tra quattro e sei giocatori ciascuna, entro la quale ogni giocatore ha un ruolo e una posizione prestabilita.
A titolo di esempio, nel caso di Overwatch, i personaggi giocabili sono attualmente 31 (periodicamente viene rilasciato un nuovo eroe), ognuno con un ruolo preciso, un proprio stile di gioco e una caratterizzazione molto forte. Non differente la situazione di altri giochi come Fortnite (ed. Save the world) mentre in League of Legend il numero di personaggi selezionabili supera i 140.
I tornei di videogiochi sono sempre esistiti ma solo negli ultimi anni si è assistito all’avvento di forme professionistiche. La totalità dei premi nel 2018 è stata di 156 milioni di dollari (141 milioni di euro); il record per una singola competizione si è avuto in occasione di un torneo di Dota 2 con un monte premi di oltre 25 milioni di dollari (22,5 milioni di euro). Per dare un senso a questi numeri: il monte premi delle World Series (baseball) è stato nel 2018 di 66 milioni di dollari.
Va detto che questi denari provengono da sponsor e da investimenti promozionali delle case che realizzano videogiochi, le quali in ogni caso esigono di autorizzare i diversi tornei.
Gli sponsor sono società di tecnolgoia, di telefonia fissa e mobile; sono entrati anche player del settore auto e una nota bibita a base di caffeina.
Tuttavia, non è ancora in sé profittabile in sé organizzare un torneo di questo tipo, benché inizi ad esserci copertura giornalistica anche da parte di giornali prettamente sportivi. Né tantomeno, al di fuori di pochi campioni, si può pensare di crearsi una carriera in questo settore.
Tra i fattori principali che rendono rilevanti gli esports per gli sponsor è l’interesse dei giovani tra i 22 e i 35 anni, non più facilmente raggiungibili tramite la televisione, che rappresentano il 75% del pubblico. Di questi oltre l’80% è maschile.
La maggior parte dell’informazione relativa agli esport viene diffusa su siti specializzati o su siti di streaming (Twitch, Youtube gaming).
Nel 2015 ESPN2 ha trasmesso in diretta la finale di un torneo di esport – ma la diffusione avvenne solo in televisione e non anche in streaming. Disney (tramite ABC) a partire dal 2018 dispone dei diritti per trasmettere alcuni esport.
E’ da notare che per la realizzazione di una telecronaca di una gara di esport si pongono problemi non differenti da quelle di una telecronaca sportiva: oltre a un telecronista conosca la specialità occorre la classica figura della “seconda voce” che qui è estremamente importante. Nel caso dei videogiochi di strategia in tempo reale gli approfondimenti, le storie, i contesti legati alle dinamiche sono elementi di sicuro interesse.
Perché si gioca agli esport? Come in qualunque gioco anche negli esport si sfida in primo luogo se stessi. Inoltre, gli esport sono basati su schemi e modalità multigiocatore che prevedono il gioco online e consentono la sfida diretta con avversari selezionati secondo criteri oggettivi.
Questi criteri oggettivi sono la situazione e la forza di gioco.
Non siamo in uno scenario tanto diverso da quello degli sport tradizionali ma quello che più ci aiuta a capire è lo scenario degli scacchi, dove un particolare punteggio (ELO) misura la capacità di un giocatore.
Gli esport sono sport quanto lo sono gli scacchi cioè “sport della mente” (giochi di abilità mentale) data la limitata attività fisica connessa.
Gli sviluppatori di videogiochi hanno “infuso” nei loro giochi gli elementi competitivi avvalendosi della infrastruttura di Internet e, infatti, il termine esport vuole evocare l’idea della competizione. Chiunque può parteciparvi, posto che disponga del videogioco e che può essere realizzata anche (soprattutto!) in caso di maltempo o la sera tardi.
La maggior parte delle persone è interessata a giocare una o più partite – certo non in forma compulsiva – e apprezza casomai che il gioco offra forme di comunicazione e dialogo e opportunità per instaurarerelazioni personali significative anche al di fuori dello stretto contesto di gioco.
Non solo: è intrinseco a questi giochi la possibilità di costituire una squadra tra un gruppo di amici, con la differenza che uno può essere a Cuneo, l’altro a Roma, l’altro a Londra e così via.
Centrale è il fatto che il fulcro del gioco sia lavorare insieme per conseguire un obiettivo comune e, in questo senso, la comunicazione e la socializzazione sono essenziali e in alcuni casi esiste – all’interno del gioco – una sorta di rete sociale tra i diversi personaggi.
Questo emerge da alcuni scambi di battute nel corso del gioco e si rispecchia in una una dimensione sociale molto più apprezzabile rispetto a certe distorsioni (vedi alla voce hater).