CoMIX – Il robot d’acciaio, la campana di bronzo, il merchandising

di Piero Giuseppe Goletto

Jeeg Robot d’Acciaio nasce dalla matita di Go Nagai prima come fumetto e poi come serie a cartoni animati di 46 episodi. La storia tratta del risveglio dal sonno millenario dell'antico popolo Yamatai che vorrebbe conquistare il mondo ma viene contrastato dal robot Jeeg.

 Il protagonista è Hiroshi Shiba, già campione automobilistico, figlio del prof. Shiba. Veste, curiosamente, con uno stile simile a quello di Elvis Presley. Non è il solo personaggio a indossare abiti inconsueti.  E nulla sarebbe possibile senza Miwa che pilota il big shooter ed è una bellissima ragazza che veste regolarmente in minigonna e stivali bianchi. Ha la capacità di trasformarsi nella testa bionica di Jeeg, a seguito degli esperimenti scientifici compiuti dal padre su di lui dopo un attacco dei mostri della regina Himika, che lo aveva ridotto in fin di vita. Figura importante è il Prof. Shiba, padre di Hiroshi e scopritore della campana di bronzo. Morto, lascia a Hiroshi un ciondolo, con il quale quest’ultimo può  comunicare con un cervello elettronico dentro il quale è stata trasferita la mente del prof. Shiba, Hiroshi può trasformarsi congiungendo i pugni con un gesto caratteristico e indossando speciali guanti che null’altro sono se non attrezzi tecnologici che consentono la sua trasformazione in umanoide e poi nella testa di Jeeg. I nemici sono comandati dalla Regina Himika, sovrana dell’ antichissimo popolo degli Haniwa ed ora regina del vasto regno sotterraneo; intende riconquistarsi il territorio a scapito degli umani. E’ una combattente che sposa l’idea di riconquistare quelle terre violentemente espropriate dalla razza umana. È una guerriera che darà la vita per la propria gente.

Evocherà l'Imperatore del Drago, che si sbarazzerà di lei e si dimostrerà più crudele di Himika stessa, con la frase “neghini neghini nasanucolò”.

Citiamo dal 13° episodio: “Molto tempo fa Yamatai era un regno felice, la vita del mio popolo era una vita semplice: si lavorava la terra, si spargeva il seme, si raccoglievano le messi; la pace era nei nostri cuori. Poi un brutto giorno uomini malvagi, armati di terribili strumenti di morte, ci assalirono e del felice regno di Yamatai nulla rimase. Trovammo scampo nelle viscere della terra e qui ebbe inizio il nostro lungo sonno, protetto dalla magica campana di bronzo che ci avrebbe ridestati il giorno della vendetta. Io non ho dimenticato quell'orribile strage, [...] i discendenti di coloro che distrussero il mio regno oggi governano il Giappone e saranno loro a pagare: la mia vendetta sarà terribile come terribili furono le atrocità che la mia gente ebbe ingiustamente a subire”

 

 Fortissimo è in Jeeg il tema del sacrificio, che spesso viene ricondotto all’etica samurai (in particolare il sacrificio del bene del singolo in favore del benessere comune) e dell’acquisizione della maturità e della saggezza proprie dell’età adulta. Raccontata la storia di Jeeg per sommi capi, desideriamo approfondire alcuni aspetti rilevanti.

 Chi ha seguito questi cartoni animati, che allora venivano trasmessi su reti locali (anzi, questa serie fu uno dei loro primi successi), ricorderà la frase “Miwa! Lanciami i componenti!”. Nella scena in questione, Miwa pilota il Big Shooter, velivolo di supporto a Jeeg e lancia i componenti del super robot.  Go Nagai ideò il robot Jeeg tenendo presente le potenzialità di merchandising, cioè la possibilità di costruire giocattoli da assemblare con sfere magnetiche. Per questo motivo il robot è componibile Fu un successo che aprirà la strada alcuni anni dopo ai Micronauti e a Gaeckeen.

 L’idea più originale è però far trasformare il pilota nella testa del robot anziché farlo alloggiare, come avveniva nelle serie di Mazinga e Goldrake, dentro il veicolo. Due personaggi di supporto si chiamano Don e Pancho e sono effettivamente ispirati, in qualche misura, a Don Chisciotte e Sancio Pancia.

 Go Nagai riprende dal periodo Yayoi (III sec. A.C. – III sec. D.C.) la storia del Regno Yamatai che era molto legata agli oggetti in bronzo e, in particolare, alle campane dōtaku che venivano usate durante i riti sacri: difatti, nel petto di Hiroshi è presente una campana miniaturizzata che è precisamente quella scoperta dal Prof. Shiba. La serie di Jeeg si lega quindi a un passato strettamente giapponese. Lo stesso nome della Regina Himika si basa su una Himiko che si ritiene realmente esistita tra il 175 e il 248 d.C. Si sarebbe trattato di una regina sciamana attorniata da un grande numero di servitori.

 La trasformazione di roccia in materia organica è una citazione degli Haniwa, che si ritiene avessero la funzione di proteggere il defunto o testimoniare la credenza in una reincarnazione o resurrezione.

Molte di queste statuette si ritrovano nel cartone animato: in particolare, gli Haniwa sono i guerrieri della regina Himika.  Nel 2006 è stato prodotto un sequel, Shin Jeeg Robot d’acciaio, che presenta una versione rinnovata sia nello stile che nei colori. La serie propone rilevanti differenze con la storia originale, per esempio la presenza in vita del padre di Hiroshi, Senjiro Shiba, e il ritorno di Himika, che non è morta come narrato nella prima serie.

 Le sigle di Jeeg sono composte da alcune sequenze di combattimenti che non appaiono nell'anime. Tra l’altro, a proposito della sigla, la voce secondo cui questa sarebbe stata cantata da Piero Pelù non è vera. Il cantante è Fogus, nome d’arte di Roberto Fogu.

 Vi sono differenze anche tra il cartone animato e il fumetto. In quest’ultimo Hiroshi viene presentato come un vero e proprio androide, mentre nella serie televisiva è umano. Jeeg non è il solo anime o manga a presentare forti riferimenti alla cultura e alla civiltà giapponese e su questo tema è bene dedicare un approfondimento.